Organizzazione sindacale: dalle commissioni interne alle rsu
30.06.2013 15:29
COMMISSIONI INTERNE. La prima comparsa delle commissioni interne si registra nel 1906 con il contratto fra la FIOM e l’Itala di Torino. Viene consentito agli operai di eleggere una commissione interna alla quale, unitariamente alla direzione della fabbrica, era demandato il compito di risolvere le controversie ed i conflitti. E’ la prima forma di rappresentanza dei lavoratori in una unità produttiva. Nel 1925 le commissioni interne vengono abolite col patto di palazzo Vidoni a Roma, fra Confindustria e la Confederazione fascista delle corporazioni. Viene abolita ovviamente anche la Confederazione Generale del Lavoro, in quanto esiste solo il sindacato fascista. Verranno reintrodotte nel 1943 (Patto Buozzi-Mazzini). Viene attribuito ad esse anche il potere di contrattazione collettiva a livello aziendale. Alle elezioni delle commissioni interne furono chiamati ad esprimersi, alla fine del 43’, tutti i lavoratori e non solo gli iscritti al sindacato. E’ un esempio di rappresentanza democraticamente eletta da tutti i lavoratori.
SAS ( sezioni sindacali aziendali). Vengono istituite a metà degli anni 50’ e scompaiono con il V° congresso della Cgil nel 1960. Possono essere considerate anello di congiunzione fra il movimento sindacale e la vita aziendale. Tali strutture non vennero mai riconosciute da accordi interconfederali. Ebbero difficoltà ad avere un ruolo ben determinato nei confronti delle commissioni interne, presenti quasi in tutti i luoghi di lavoro e quindi accettate e riconosciute dalle controparti aziendali. Le sas assicuravano la presenza del sindacato nella fabbrica a livello organizzativo ma quasi mai politico-contrattuale, ruolo affidato alle commissioni interne. Scomparvero alla fine degli anni 60’.
CONSIGLI DI FABBRICA. Alla fine degli anni 60’, con lo scoppio dell’autunno caldo, si fece insistente la necessità di avere rappresentanti delle confederazioni eletti direttamente dai lavoratori e non più nominati dai sindacati provinciali: si avvertiva dunque il bisogno di una rappresentanza più diretta e articolata rispetto alle commissioni interne. Nascono così i consigli di fabbrica (cdf) o i consigli unitari dei delegati ( cdu) , che vengono riconosciuti come istanza sindacale di base di base del sindacato nel 1970’, con l’emanazione dello Statuto dei lavoratori . I consigli di fabbrica ebbero un ruolo importante in quanto introdussero l’assemblea dei lavoratori, momento democratico fondamentale.
RSA. Con la ratifica della legge 300 ovvero dello Statuto dei Lavoratori, vennero introdotte le rappresentanze sindacali aziendali (rsa) e l’assemblea dei lavoratori. Lo statuto sancisce, insieme alle libertà sindacali, la presenza del sindacato in fabbrica e vieta l’attività antisindacale. Nel patto federativo del 24 luglio 1972 fra Cgil, Cisl e Uil, il consiglio di fabbrica viene qualificato come istanza sindacale unitaria di base, con poteri di contrattazione nei luoghi di lavoro. Si viene a creare dunque, in molti casi, una sorta di coincidenza fra i cdf e le rsa Infatti, l’art. 19 dello Statuto non dà un specifico modello organizzativo alle rsa, cosicchè per un lungo periodo i diritti e i poteri che la legge riservava alle rsa venivano esercitati dai consigli di delegati o dai consigli di fabbrica. Inoltre vigeva una gran confusione anche in merito al sistema elettorale dei consigli di fabbrica. Mentre il patto federativo prevedeva che nel consiglio una parte degli eletti dovessero essere lavoratori iscritti scelti dalle confederazioni, altre categorie preferirono optare per un meccanismo elettorale generalizzato , con voto espresso da parte di tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti. Mancò dunque una disciplina generale per l’assenza di un accordo interconfederale, come era invece avvenuto per le commissioni interne e come accadrà in seguito con la rsu.
Con lo “strappo di San Valentino”, verificatosi il 14 febbraio del 1984, si creò una rottura dell’unità sindacale e del patto federativo e dunque entrò in crisi la sintesi raggiunta che aveva portato ai consigli di fabbrica e al sistema di rappresentanza delle rsa , introdotto dall’art. 19 dello statuto, che dava garanzie di presenza alle varie sigle presenti nei luoghi di lavoro.
Dunque la presenza sindacale nei luoghi di lavoro resta ancorata al modello prefigurato dalla legge 300/1970.
All’interno del titolo III dello Statuto dei Lavoratori, l’art. 19 , intitolato “ Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali” afferma:
“rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito:a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale;b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva.”
L’ampia serie di poteri e di diritti riconosciuti a fini promozionali alle rsa ( art. 20, 21, 25, 27) nonché le importanti tutele ed agevolazioni previste per i loro dirigenti ( art.18,22,23,24) e per quelli delle associazioni di riferimento (art.30) hanno fatto dubitare della costituzionalità della disciplina.
La Corte Costituzionale ha precisato che la protezione accordata dalla legge 300/1970 si articola su 2 livelli:
il primo, di cui agli art.114 e seguenti ed in linea con l’art. 39 c.1 della Costituzione, è comune a tutte le organizzazioni sindacali e garantisce la libertà di associazione e di azione. Il secondo, invece, promuove le organizzazioni maggiormente rappresentative, in ragione della loro storicamente dimostrata affidabilità nell’esercizio di poteri e di diritti così incisivi , in favore di una ricomposizione degli interessi pluricategoriali in un quadro unitario.
La definizione delle rsa che era stata fatta dallo Statuto dei Lavoratori però, non essendo rigida, provocava confusione e differenze di metodo nell’applicazione pratica e faceva correre il rischio di uno svuotamento di significato del criterio selettivo tramite l’ampliamento dell’area dei destinatari.
RSU. A questo si porrà rimedio con l’intesa quadro del 1991 fra Cigl, Cisl, Uil e con il successivo accordo interconfederale sottoscritto da governo, Confindustria, Cigl, Cisl e Uil che introduce le rappresentanze sindacali unitarie (rsu). La loro composizione deriva per 2/3 da elezione da parte di tutti i lavoratori ( a suffragio universale) e per 1/3 da designazione o elezione da parte delle organizzazioni stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’unità produttiva.La costituzione è consentita, come per le rsa, in unità produttive con più di 15 dipendenti. Le liste elettorali possono essere presentate, oltre che dalle associazioni sindacali aderenti alle confederazioni firmatarie del protocollo( Cgil, Cisl e Uil) o che vi abbiano successivamente aderito, dalle associazioni di categoria firmatarie del contratto collettivo applicato nell’unità produttiva e da quelle in possesso di particolari requisiti, ovvero le associazioni stabili(quindi non coalizioni occasionali) che abbiano un atto costitutivo ed uno statuto, che abbiano aderito alla disciplina dell’accordo interconfederale e che presentino una lista sottoscritta da almeno il 5% degli aventi dirirtto al voto.
Le rsu costituiscono quindi il più importante tentativo di introduzione di un canale unico di rappresentanza, in quanto espressivo sia della caratterizzazione istituzionale(perché eletto da tutti i lavoratori) che di quella sindacale( perché organo comune di tutte le associazioni sindacali che ne hanno promosso la costituzione) e , quindi, di realizzare un organismo rappresentativo della generalità dei lavoratori. Le rsu potrebbero quindi definirsi come organo comune delle associazioni sindacali che ne hanno promosso la costituzione, che trova nel mandato elettorale e nel principio maggioritario la fonte di legittimazione del proprio potere.
REFERENDUM 1995 : Abroga alcune parti del testo originale dell’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori. Di conseguenza dal luglio ’95 il testo dell’art. 19, come modificato dal referendum e dal D.P.R. citato, suona in questo modo:”Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva. Nell’ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento“.
Veniva, in sostanza, ad essere messo in disparte il principio della “maggiore rappresentatività sul piano nazionale”, togliendo di mezzo la disposizione che concedeva soltanto alle associazioni confederali la potestà di rappresentare l’ambito di riferimento per la costituzione di rappresentanze sindacali; da qui l’allargamento di tale riconoscimento anche a favore delle associazioni sindacali non rientranti in tale ambito, ma che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva. Un intervento che allarga, dunque, la libertà dei lavoratori circa la scelta intorno alla propria rappresentanza. ( Per associazioni firmatarie non sono comprese quelle che si limitano ad aderire, ma quelle che hanno preso parte attivamente al negoziato contrattuale). Vengono dunque introdotti criteri di maggiore democraticità e liberalità nelle scelte dei lavoratori ai fini della concessione del proprio mandato sindacale.
RSU NEL PUBBLICO IMPIEGO. Dlgs. N°396/1997 poi ripreso dal dlgs 165/2001 (art.42). La costituzione di rsa ed rsu nel pubblico impiego è legata all’accertamento di una rappresentatività minima delle organizzazioni sindacali, pari al 5%. La rappresentatività minima viene valutata in base alla media fra il dato associativo ed il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale degli iscritti all’organizzazione sindacale con riferimento al totale dei lavoratori iscritti a tutte le organizzazioni nel comparto di riferimento. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni di rappresentanza unitaria del personale.
Le rsu sono, nel pubblico impiego, interamente elettive ( senza riserve di seggi per i sindacati firmatari del contratto nazionale). Possono presentare liste i sindacati ammessi al negoziato per il contratto nazionale e quelli che raccolgano un numero di adesioni minime alla lista (il 2% o il 3% a seconda della consistenza del corpo elettorale). L’elezione avviene a suffragio universale ed il voto è segreto. I seggi sono ripartiti tra le singole liste concorrenti in proporzione ai voti ottenuti.
Infine, il dlgs 74/2002, recependo una direttiva comunitaria, prevedeva per le imprese ed i gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (almeno 1000 dipendenti ed almeno 150 per Stato in almeno due Stati membri), l’istituzione di un comitato aziendale europeo. I componenti della delegazione negoziale del cae sono designati congiuntamente dai sindacati nazionali stipulanti il contratto collettivo applicato all’impresa( per un terzo) e dalla rsu ( per due terzi).
Di Giovanna Cento
Di Giovanna Cento