Deontologia, quando i magistrati parlano con la stampa. Un caso di specie
Caso di specie: Durante un’intervista ad un quotidiano nazionale, un magistrato esprime perplessità sull’andamento del concorso in magistratura e sul peso esercitato dall’Anm all’interno del Csm. Era stata chiesta dunque da alcuni membri del Csm l’apertura di una pratica per una verifica di veridicità su quanto affermato dal magistrato. Lo stesso aveva chiarito il suo punto di vista qualche giorno dopo ma ciò non era bastato a fermare l’avvio di un’azione disciplinare da parte del Consiglio superiore della Magistratura sulla base dell’art. 18 Dlgs n. 511 31 maggio 1946 ( violazione dell’obbligo di discrezione e di riservatezza).
Al magistrato è stata comminata una misura disciplinare lieve: un ammonimento per le dichiarazioni rilasciate riguardo all’Anm ma non per quanto insinuato nei confronti di un collega. La Corte di Cassazione aveva poi rigettato il ricorso del magistrato che sollevava una questione di incostituzionalità per quanto concerne l’indipendenza e l’imparzialità del Csm.
Infine, la Corte europea dei diritti dell’Uomo, respingendo il ricorso, ha affermato che l’applicazione di una sanzione disciplinare lieve a un magistrato che , a mezzo stampa, esprime critiche sul funzionamento della giustizia e manifesta dubbi sull’indipendenza e l’imparzialità dei magistrati, è compatibile sia con l’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ( libertà di espressione) , sia con l’articolo 6 della Convenzione perché è sancita l’indipendenza e l’imparzialità dei giudicanti.
In sostanza, i magistrati godono a pieno della libertà di espressione . Tuttavia sono ammesse delle restrizioni a tutela di valori superiori come il buon funzionamento della giustizia. I magistrati devono quindi astenersi dal servirsi della stampa, anche nel caso in cui vengano “provocati”.