Tentativo di violenza sessuale e nozione di corporeità: una pronuncia della Cassazione

03.09.2013 12:12

Cassazione Penale, 31290/2013

 

Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva confermato la condanna motivata dal fatto che la condotta dell’imputato non potesse essere rientrare nelle molestie, ma integrasse invece gli estremi di un tentativo di violenza sessuale. L’imputato aveva proposto ricorso in Cassazione : denunciava infatti un’errata applicazione della legge, oltre che la debolezza delle motivazioni, sostenendo che l’assenza di contatto corporeo fra le parti non fosse stata presa sufficientemente in considerazione.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato.

Per addurre le sue motivazioni, ha fatto riferimento al concetto di corporeità. La Suprema Corte si è richiamata infatti alla giurisprudenza di legittimità che ha affrontato il problema della differenziazione fra la violenza sessuale e le molestie. La nozione di “atti sessuali” ( art. 609 bis c.p.) si forma tramite l’unione della nozione di congiunzione carnale e degli atti di libidine, considerati invece dalla legislazione previgente come concetti separati. Secondo tale nuova impostazione, non costituiscono atti sessuali ( nel senso richiamato dalla norma incriminatrice) quegli atti che, pur esprimendo “desiderio sessuale”, “carnalità”, non sono idonei ad intaccare la sfera sessuale della vittima.

Si può quindi affermare che la condotta che non coinvolge il corpo della vittima non è  una condotta “tipica”, in quanto il soggetto non viene costretto a subire  o compiere atti sessuali ( es. : esibizionismo, autoerotismo praticato in presenza di soggetti costretti ad assistervi, il voyeurismo) . Applicando tale principio , dunque , è da escludere la configurabilità del tentativo di violenza sessuale riguardo ad una pratica di masturbazione davanti ad un minore.

Nel caso di specie, afferma invece la Corte, i delitti per i quali l’imputato è stato condannato non sono stati consumati ma si sono fermati a livello di tentativo. Compiendo dunque un giudizio ex ante , ciò che bisognava valutare non era la corporeità ( trattandosi di tentativo), bensì l’idoneità e l’univocità della condotta, potenzialmente in grado di cagionare un’invasione della sfera corporea della vittima .

Nel caso concreto l’univocità era attestata non solo dall’inequivoco tenore delle frasi pronunciate, ma anche dalla considerazione che le sollecitazioni a consumare l’atto sessuale venivano accompagnati da indicazioni circa il luogo, al fine di garantire un ambiente di intimità. 


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