Regole su riassunzione applicabili anche agli arbitrati
CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA 19 luglio 2013, n. 223
La Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 813 –ter comma 2 c.p.c , precisamente nella parte in cui stabilisce che l’art. 50 c.p.c ( che preserva gli effetti processuali e sostanziali della domanda originariamente proposta ad un giudice incompetente) non sia applicabile nei rapporti fra processo ed arbitrato.
Secondo la Corte, tale norma viola gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.
Nella sentenza n. 376 del 2001 , la Corte definiva l’arbitrato come un procedimento disciplinato e previsto dal c.p.c. , finalizzato alla risoluzione di una controversia , dotato delle tipiche garanzie della giurisdizione civile ( contraddittorio ed imparzialità). Dunque il giudizio arbitrale “non si differenzia da quello che si svolge davanti agli organi statali della giurisdizione, anche per quanto riguarda la ricerca e l’interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie ed è potenzialmente fungibile con quello degli organi della giurisdizione”.
Sarebbe per questo motivo che i principi generali dell’ordinamento andrebbero applicati anche all’arbitrato . Nel caso di specie, parliamo del diritto di difesa ( art. 24) e giusto processo ( 111) .
Posto che l’arbitrato costituisce un mezzo previsto dall’ordinamento italiano, non è da escludere l’applicazione dell’art. 50 c.p.c. : dovrebbe affermarsi la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda, nel caso di errata individuazione del giudice munito della giurisdizione.