Il contratto di rete tra imprese

27.07.2013 17:21

 

Il contratto di rete tra imprese è uno strumento giuridico che consente alle aggregazioni di imprese – ossia quella realtà produttiva costituita da una molteplicità di imprese, tipicamente di piccole e medie dimensioni, tra le quali intercorrono particolari rapporti di collaborazione ed interdipendenza - di instaurare tra loro una collaborazione organizzata e duratura, mantenendo la propria autonomia e la propria individualità. Dal punto di vista pratico ciò è molto importante, poiché evita di costituire altre strutture quali il consorzio, e rendendo la collaborazione più snella. Il modello primigenio di aggregazione tra imprese è il c.d. “distretto industriale”, ossia quel fenomeno industriale, tipicamente italiano, caratterizzato da una elevata concentrazione, in un territorio ristretto, di piccole imprese specializzate nel medesimo settore produttivo, nell’ambito del quale esse tessevano profondi legami, in termini occupazionali e sociali, con la comunità locale. Con l’avvento del mercato globale, la necessità di competere con le grandi aziende multinazionali ha indotto tuttavia il modello distrettuale ad evolversi in forme diverse, slegate dal legame con il territorio, ma ancora caratterizzate dalla nota della collaborazione interimprenditoriale, quali ad esempio la filiera produttiva, la catena di subfornitura, le reti di distribuzione (franchising) e, in generale, le c.d. reti tra imprese, sulle quali oggi si concentra l’attenzione del legislatore. Il riferimento normativo dell’istituto sta nella L. 9 aprile 2009, n. 33, di conversione del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5 la quale ha aggiunto all’art. 3 il co. 4 ter, contenente la disciplina primigenia del contratto di rete. La norma ha suscitato vivo interesse da parte degli operatori ed un vivace dibattito da parte della dottrina, che hanno indotto il Legislatore ad intervenire più volte per riformarla. La disciplina del contratto di rete però è lontana dall’aver trovato un equilibrio definitivo: dapprima è stata modificata dalla L. 23 luglio 2009, n. 99 (art. 1); poi dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 (art. 42, co. 2 bis); ancora dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 c.d. “Decreto sviluppo” ed in particolare dalla relativa legge di conversione L. 7 agosto 2012, n. 134; infine dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 c.d. “Decreto sviluppo bis”, come convertito con modifiche dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221. Al fine di una chiara e didatticamente utile esposizione dell’istituto, possiamo, sulla base dei classici elementi contrattuali a livello di teoria generale, fare le seguenti distinzioni: Parti: il contratto di rete è tra più imprenditori. Non sono compresi quelli che non rientrano nella categoria di imprenditore ai sensi dell’art. 2082 c.c. Passiamo all’analisi della causa: questa, secondo la formulazione normativa, attiene ad elementi prettamente economici, piuttosto che giuridici. La norma stabilisce che le imprese stipulanti “perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”. La causa del contratto è, quindi, l’accrescimento della capacità innovativa e della competitività delle imprese. Per quanto riguarda l’oggetto, la legge prevede espressamente che con il contratto di rete le parti “si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”. Nello schema normativo, quindi, è previsto che le parti prima predispongano un c.d. programma di rete, ossia un piano generale d’azione volto ad accrescere la capacità innovativa e la competitività e che poi diano esecuzione concreta alle attività – collaborazione in ambiti attinenti all’esercizio dell’attività d’impresa, scambio di informazioni, esercizio in comune di attività imprenditoriali tipiche – ivi previste. L’analisi prosegue con forma e contenuto: deve essere stipulato per atto pubblico, per scrittura privata autenticata o per “atto firmato digitalmente” (intendendosi per quest’ultima firma il documento informatico munito di firma digitale ai sensi del D.Lgs. n. 82/2005 c.d. “Codice dell’amministrazione digitale”). Riguardo il contenuto, questo può essere di due tipi, necessario e facoltativo: la prima tipologia costituisce gli elementi essenziali del contratto, in difetto dei quali l’atto deve ritenersi nullo. Essi sono: le generalità delle parti (tanto degli originari sottoscrittori quanto dei successivi aderenti); gli obiettivi strategici (accrescimento della capacità innovativa e della competitività); il programma di rete con l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante nonché delle modalità di realizzazione dello scopo comune; la durata del contratto; le modalità di adesione di altri imprenditori; le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune. La seconda tipologia riguarda invece gli elementi che le parti hanno la facoltà di inserire nel contratto ma che possono anche non essere previsti: il fondo patrimoniale e l’organo comune, nonché il diritto di recesso anticipato e la modificabilità a maggioranza del programma di rete. Riguardo il fondo patrimoniale, questo può essere inteso quale dotazione patrimoniale destinata all’esecuzione del programma di rete. L’organo comune, invece, può prevedere il c.d. organo comune, ossia il soggetto “incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso”. In assenza di precisazioni legislative, l’organo comune può essere composto sia da persone fisiche che giuridiche, può avere composizione individuale o collegiale e possono farne parte soggetti sia interni che esterni alle imprese aderenti. Concludiamo con il regime della pubblicità: deve essere annotato in ogni registro delle imprese presso cui è iscritta ciascuna impresa partecipante. Le successive modifiche al contratto sono depositate dall’impresa aderente a ciò incaricata presso il proprio Ufficio del registro delle imprese, il quale provvederà a darne comunicazione a tutti gli altri Uffici interessati.

Riferimenti bibliografici:

https://www.diritto24.ilsole24ore.com/civile/civile/primiPiani/2012/09/le-modifiche-alladisciplina-del-contratto-di-rete-apportate-dal-cd-decreto-sviluppo.html

CAMARDI, Le istituzione del diritto privato contemporaneo, Jovene Editore, 2007;

 

di Antonio Cormaci