Consiglio di Stato: attività provvedimentale illecita, quantificazione del danno e risarcimento

06.09.2013 12:32

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, 3 settembre 2013, n. 4376

 

Riguardo il risarcimento del danno da attività provvedimentale illecita, il ricorrente ha l’onere di dimostrare sia l’esistenza di un danno patrimoniale ricollegato al provvedimento illegittimo, sia la sua misura.  Il ricorrente è tenuto quindi a documentare il pregiudizio patrimoniale del quale chiede il risarcimento.

Nel caso di specie, la lesione concerneva interessi patrimoniali. In tal caso, come per gli interessi pretensivi, è difficile dimostrare l’entità del danno subito, anche per quanto riguarda la prova del lucro cessante ( il mancato guadagno, vedi art. 1223 c.c.): è infatti complicato provare che se il provvedimento viziato non fosse stato eseguito, la sfera giuridica del ricorrente si sarebbe accresciuta in misura superiore.  Si ricorre dunque a criteri presuntivi ai fini della determinazione del quantum. Parliamo di parametri valutativi abbastanza puntuali che riescono a stabilire, con un certo grado di attendibilità e appellandosi alla comune esperienza, la misura della perdita economica  a causa dell’adozione dell’atto illegittimo o della colpevole inerzia dell’amministrazione.

Si ricorda inoltre che oltre al lucro cessante, bisogna aggiungere il danno curriculare, cioè il pregiudizio subito dall’impresa per il mancata implementazione del proprio curriculum professionale, nei casi in cui l’arricchimento del curriculum avrebbe apportato un vantaggio economicamente valutabile. 


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