Cassazione: mobbing nelle imprese di grandi dimensioni e sua rilevanza penale

27.09.2013 09:59

Cass., Sez. VI, ud. 16.04.2013 (dep. 8.05.2013), n. 19760, Pres. Agrò, Rel. Citterio

 

La vicenda vede come protagonisti una nota azienda di grandi dimensioni , con una struttura complessa,  che opera nel settore dell’energia elettrica e una dipendente della stessa che subisce da un dirigente una serie di condotte vessatorie caratterizzate dalla mortificazione della persona e dalla generazione di stress emotivo tramite atteggiamenti astiosi , l’estromissione dal gruppo di lavoro, il  mancato avanzamento professionale e il conferimento di mansioni che mal si adattano al titolo e alle competenze della stessa.

 

 

L’imputato era stato tratto a giudizio per il reato di maltrattamenti in famiglia ( art. 572 c.p. ) e poi assolto in primo e secondo grado. La Corte d’appello aveva infatti ritenuto che, date le grandi dimensioni dell’azienda e la complessità della sua struttura interna, non si potesse configurare il reato , in quanto incompatibile con la nozioni di “famiglia “ e “ convivenza” e con il tipo di rapporti caratterizzanti quella fattispecie incriminatrice.

Avverso la sentenza d’appello il ricorso in Cassazione è stato proposto sia dalla parte civile sia dal pubblico ministero.

 

La Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento dei giudici d’appello, approfondendo però il tema della configurabilità del mobbing nelle aziende di grandi dimensioni.  Secondo la Suprema Corte, il fenomeno del mobbing può avere rilevanza penale. Il delitto di maltrattamenti può essere riferibile non solo all’ambito familiare, ma anche all’ambito di quei rapporti lavorativi in cui la relazione fra il subordinato ed il  suo superiore è caratterizzata dalla “parafamiliarità” , cioè si colloca in un contesto in cui le abitudini della vita lavorativa si avvicinino a quelle di una comunità familiare (fiducia, esercizio dell’autorità con modalità tipiche del rapporto familiare, quindi ampia discrezionalità ed informalità).

Tuttavia, nel caso di specie, la Cassazione non ritiene che quella condotta possa integrare gli estremi della fattispecie di maltrattamenti che, ricorda, è inserita nel titolo dedicato ai delitti contro la famiglia e presenta nella rubrica la limitazione a familiari e conviventi. Dunque, quelle condotte poste in essere in un contesto più ampio come quello di una grande azienda,  non sempre possiedono i requisiti per essere attratte nell’ambito di applicazione dell’art. 572 c.p. :non basta un mero rapporto si subordinazione-sovraordinazione  ma è invece necessario che la relazione fra dipendente  e subordinato possieda marcati tratti di una relazione parafamiliare.

La Corte ha quindi escluso che le condotte dell’imputato potessero essere ricondotte alla fattispecie di maltrattamenti in famiglia.