Cassazione: responsabilità del datore per mobbing proveniente da un altro dipendente

05.09.2013 14:49

Corte di Cassazione, sentenza 25 luglio 2013, n. 18093

 

La Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte d’appello di Torino, dispone l’annullamento del licenziamento di un dipendente e il reintegro sul posto di lavoro , condannando la società a pagare a titolo di risarcimento del danno le retribuzioni accumulate dal licenziamento sino alla reintegrazione, a versare i contributi di assistenza e previdenza, oltre ad una cifra di 5.000.00 come risarcimento per il danno morale. Parliamo nel caso di specie della responsabilità del datore di lavoro per il mobbing posto in essere da un dipendente. Il  lavoratore si era armato di una barra metallica , aggredendo il suo superiore sia fisicamente sia verbalmente, con insulti e minacce. Secondo la Corte, tale condotta deve essere ridimensionata alla luce del provato comportamento vessatorio, che la Corte stessa definisce come “capillare” , tenuto dal superiore nei confronti del lavoratore e , secondo i giudici, idoneo a destabilizzare la capacità di autocontrollo.

Secondo la Corte , quando la condotta di mobbing proviene da un altro dipendente in una posizione di superiorità gerarchica rispetto alla vittima, non è da escludersi la responsabilità del datore di lavoro ( obblighi ex art. 2049 c.c.) , qualora egli sia rimasto colpevolmente indifferente e non sia intervenuto per arginare il fatto lesivo.

La decisione deriva dal combinato disposto degli articoli 2087 e 2049 c.c. L’articolo 2087 infatti riguarda la responsabilità diretta dell’autore del mobbing, mentre l’art. 2049 “ responsabilità dei padroni e dei committenti”, implica una responsabilità del datore di lavoro anche per colpevole inerzia.